Saggia, buona e fortunata, ma anche portatrice di notizie ferali: ecco solo alcuni dei molteplici significati simbolici della civetta, la cui immagine si insinua spesso nelle grandi opere dei pittori e scultori del Medioevo.
Nel corso del Medioevo, la raffigurazione degli animali ha costruito un repertorio di bizzarrie formali e interpretative che richiamano il tema della salvezza e il suo opposto. La civetta è il paradigma di questa ambiguità semiotica e forse, piú di ogni altro animale, è la piú riuscita rappresentazione allegorica del senso, tutto umano, del libero arbitrio connesso alla presenza del divino. I suoi grandi occhi esprimono fortezza nella dimensione dell’oscurità, assurgono a simbolo di luce del percorso razionale, costituiscono il sostrato dei pilastri della teofania cristiana (nascita e crocifissione del Salvatore), senza che per questo le sia estranea la mistica mortuaria del cattivo presagio. Questo secondo aspetto ha la sua origine nella cultura latina, in cui l’epiteto piú frequente era feralis, a differenza di quella greca, presso la quale, come emblema di Atena, era espressione di grazia lunare, chiaroveggenza e sapienza.
Una lucciola nella notte
L’Età di Mezzo conserva e struttura questo duplice significato, sebbene l’arte cristiana ne prediliga il risvolto positivo; poiché l’animale ha capacità di volare al di sopra di ogni cosa, questo vedere tutto dall’alto esprime la sua vicinanza alla santità cristiana e la sua complementarietà con l’aquila, immagine della giustizia divina. Come lucula noctis (lucciola della notte), presiede e controlla ogni fatto notturno (declinando significati quali l’attesa, la riservatezza, la malinconia, ma anche l’aristocrazia e la fortuna), incarnando il risveglio iniziatico dell’uomo sulla strada della chiara verità e del bene (che è anche il senso della sua stilizzazione nell’araldica anglosassone).
A Digione, città templare, su uno dei contrafforti della facciata laterale della chiesa di Nôtre-Dame, compare una scultura di civetta con funzione apotropaica: chiunque la tocchi con la mano sinistra (corrispondente al cuore) vedrà realizzato il suo destino e vivrà nella fortuna sino alla vecchiaia. Diversamente, una leggenda altomedievale di origine spagnola narra come la civetta (in altre varianti il gufo) abbia assistito alla morte di Gesú vegliando il suo corpo: da allora il suo destino è stato quello di evitare la luce del giorno piangendo le sofferenze del Redentore; da quel momento non ebbe piú a pronunciare suoni soavi, bensí tonalità perturbanti e cacofoniche ( «Cruz! cruz!»).
Nella tavola della Crocifissione di Anversa (1475) dipinta da Antonello da Messina, una civetta è presente nella solarità del giorno appollaiata su una roccia, in fiduciosa attesa del riscatto dell’umanità dal peccato; con funzione di nocchiere, appare in procinto di condurre le anime dei defunti del regno dell’oltretomba per il giudizio finale. Allo stesso modo, nella pala di Pietro di Giovanni D’Ambrogio, della prima metà del Quattrocento, una civetta è assisa al centro della capanna e presiede l’evento dell’Adorazione dei Magi, in qualità di forza luminosa che frantuma le tenebre; il rapace, pertanto, puntualizza la funzione del Cristo come luce dell’Umanità, ma, al tempo stesso, presagisce il suo destino luttuoso.
Messaggio salvifico
Sulla base del reliquiario contenente un «Osso di un dito di San Giovanni Battista» (databile al XIV-XV secolo e conservato al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze) compare l’immagine a cesello di una testa di civetta, vista come sintesi della forza silente della bellezza divina, come anima del mondo e come sostanza di Dio che caccia il peccato; in essa, infatti, rivive il messaggio cristiano della salvezza, come dimostrano le parole di Cristo che col Salmista afferma: «Sono divenuto come la civetta fra le rovine, come l’uccello solitario sul tetto».
Questa valenza cristologica si mantiene sino al Rinascimento e lo dimostra l’Adorazione dei Magi di Ludovico Mazzolino (vedi foto alle pp. 52-53), che tratteggia una scena quasi cortese, festante e gaudente, con un paggio infante che tiene una civetta sul braccio, quasi fosse un dono da portare in omaggio; la scimmia che gioca ai suoi piedi ricorda invece il vizio e la sensualità irrazionale, in quanto il diavolo scimmiotta l’Uomo-icona (Gesú). Cosí si spiega il bestiario di questa scena, che presenta l’uomo in perenne tensione fra ragione e istinto maligno. Nella Francia medievale si usava mettere sulle porte delle case una civetta crocifissa, infilzata con aghi o chiodi puntuti, in quanto il corpo martoriato cacciava il malaugurio; un’usanza che tradisce il retaggio della cultura precristiana. Virgilio nelle Georgiche (I, vv. 402-3) dice: «Solis et occasum servans de culmine summo nequiquam seros exercet noctua cantus» («osservando dall’alto di un tetto il tramonto del sole, senza motivo la civetta fa sentire i canti vespertini»); e Plinio il Vecchio afferma «Noctua in imbre garrula, et sereno tempestate» («la civetta canta quando c’è cattivo tempo e quando annuncia la tempesta al posto del sereno», Storia Naturale, XVIII, 362).
L’ambito nordico predilige della civetta l’aspetto negativo: in un disegno di Bosch, precedente e preparatorio all’Inferno musicale della tavola di destra del trittico del Giardino delle Delizie (1480-1490), si osserva la figura dell’Uomo-Albero, composto da due tronchi nodosi poggianti su barche adagiate nell’acqua. Il corpo ha la forma di un uovo rotto, con all’interno una bisca, sulla testa è poggiato un grosso disco sormontato da una brocca ansata; alle sue spalle un albero ospita una civetta vegliante. Quest’ultimo particolare, studiato in un altro disegno, evidenzia il volto malinconico e rassegnato del soggetto, nonché il paesaggio spoglio e desolato, che rendono la scena funesta e poco edificante.
Allo stesso modo, nella tavola con la scena del Concerto, il bene e male si confondono e un vago senso del vizio sembra radicarsi in ogni segno, in ogni soggetto vegetale e animale, ma senza un preciso riferimento. L’uovo in sé, che è simbolo della creazione, è rotto e schiacciato, deforme rispetto alla sua perfezione naturale, cosí anche i volti, sacri o profani, presentano fisionomie irregolari: un personaggio si caratterizza per avere sulla testa un copricapo a forma di imbuto messo alla rovescia; esso è simbolo di follia in relazione alla civetta appollaiata sul capo di un altro astante, a sua volta coronata da un uccello nero: il tutto a esprimere compiutamente la cattiva sorte.
Nella scena centrale del già citato trittico delle Delizie, che narra la storia dell’umanità attraverso un geniale incastro di riferimenti biblici, esoterici e allegorie profane, si osserva una pianura verdeggiante punteggiata da inserti lacustri e popolata da figure nude di uomini e donne in atteggiamenti amorosi, sensuali, ma anche in platonica contemplazione. Nell’insieme la scena vuol essere un ammonimento contro i pericoli della tentazione, tanto che alcune figure danzanti tengono in mano grosse ciliegie, simbolo del vizio della lussuria: la loro testa è occultata da un bocciolo gigante sul quale siede un gufo vegliante a connotare la potenza diabolica, la magia, la stregoneria («strige» in greco significa gufo).
Emblema dei vizi umani
Quale specchio della civetta, questo animale rappresenta i vizi della specie umana, tanto che, su una vetrata della cattedrale gotica di Saint-Etienne, a Bourges, il demonio si palesa ad Adamo ed Eva sotto le spoglie di un gufo dalla testa umana, appollaiato sull’Albero della conoscenza. Nelle cattedrali di Le Mans e Poitiers, cosí come nelle chiese di Avesnières-en-Laval e di Auguesvives, sono presenti indistinti uccelli notturni (gufi o civette) beccati da volatili diurni. In alcuni compendi medievali (primo fra tutti il Bestiario Divino di Guillaume de Normandie), il gufo viene identificato col «popolo giudeo», che ciecamente non riconobbe il Salvator mundi.
Nella Nave dei folli di Bosch (1494) il gruppo di personaggi, presentati all’osservatore come dediti al vizio, richiama la condanna del peccato; in effetti i gesti e le movenze inconsulte fanno da contraltare al gufo assiso nella parte apicale dell’albero, cosí come la presenza della ciliegia sul tavolo e i polli spennati e appesi visualizzano i vizi della gola e dell’impudicizia in generale, richiamando un’antica tradizione popolare tradotta nel poema De Blauwe Scuut di Jacob van Oestvoren, nel quale si tratteggia la baldoria sconcia del popolo durante i festeggiamenti di carnevale.
Interessante è poi il dipinto intitolato Il figliol prodigo, anch’esso di Bosch, nel quale la civetta, immobile sul ramo secco di un albero frondoso, sembra sintetizzare i due aspetti positivi e negativi prima accennati, ponendosi quale chiave interpretativa della complessa condizione umana. È posta sulla sommità di un albero e guarda il viandante fermo di fronte a un cancello sbarrato; sovraintende la vita di lui, sottoposta in ogni istante alla crisi della scelta.
L’animale si propone come allegoria dei momenti del comportamento morale umano: il libero arbitrio e la scelta del bene, la decisione di lasciare una strada errata (che nell’opera è simboleggiata dalla casa vetusta) per una piú sicura ma ancora ineffabile, infine la tappa piú ardua, scaturita dalla somma dei due significati precedenti, ovvero il morire e il risorgere dalle brutture di esperienze passate nella speranza di immettersi sul sentiero della vera conoscenza.
Rapace notturno, compagna delle streghe, per alcune tradizioni la civetta è un uccello di malaugurio; gli egizi la associavano alla morte. Athena, figlia di Zeus, la riscatta pienamente dalla sua fama sinistra. Nella mitologia greca, infatti, la civetta è il simbolo della sapienza, dell’intelligenza razionale che discerne laddove altri scorgono solo ombre e tenebre…
NEL CALENDARIO
La civetta (19 ottobre – 15 novembre)
Tradizione
Secondo i sacerdoti Maya i nati sotto questo segno erano considerati Ek’Pulyah, cioè degli Sciamani capaci di leggere nell’inconscio degli altri e di ritrovare ciò che è perduto. Il simbolo del segno è la Civetta indovina.
Carattere
In quanto individui che non passano inosservati, i Civetta si trovano sempre al centro dell’attenzione. Hanno la prerogativa di prevedere il male che proviene dagli altri e raramente le loro predizioni sono sbagliate, forse per l’intuito quasi infallibile di cui sono forniti. Possono apparire timidi e riservati al primo impatto, ma quando poi entrano in confidenza si dimostrano spontanei e molto comunicativi.
La donna
La donna Civetta è molto sensibile e desidera essere trattata con dolcezza. Sembra possedere la capacità di sapere quello che uno pensa o sente e questo la rende un’ottima amica o compagna. Viene attratta da persone di grande spiritualità e di spessore morale. La fedeltà è per lei fondamentale, così come la sincerità.
L’uomo
Il nato sotto il segno della Civetta ama divertirsi e fare continuamente nuove esperienze, perciò può essere difficile da conquistare, soprattutto quando è molto giovane. Con la maturità è più facile che senta il desiderio di fermarsi e di formarsi una famiglia, anche se la fedeltà non sarà mai la sua dote principale.
Il lavoro
I nati sotto il segno della Civetta sono dotati di fiuto e di tempismo, perciò nel lavoro cascano sempre in piedi. Sono particolarmente adatti a tutte le attività del settore medico e paramedico; talvolta si orientano alla botanica e all’ecologia.
Affinità
Dotati di una sensibilità speciale, i nati della Civetta spesso hanno molti amici soprattutto tra i nati sotto il segno dello Scoiattolo e del Falcone. Rapporti molto importanti possono essere instaurati con i nati sotto il segno del Pavone.
Punto debole
L’estrema sensibilità li rende eccessivamente percettivi ai problemi di tutti e li rende emotivamente fragili.
Fiore o pianta
Albero del Fuoco
Pietra
Opale di Fuoco
Uccello protettore
Civetta
Elemento celeste alleato
Saturno
Colore dell’aura
Arancio
Il suo numero fortunato
4